Per il Diritto a una giustizia con la G maiuscola!


QUESTO BLOG NASCE DAL LIBRO "VITTIME PER SEMPRE", DI BARBARA BENEDETTELLI, SCRITTRICE E ATTIVISTA DER I DIRITTI DELLE VITTIME. UN TESTO DI DENUNCIA FORTE. PAGINE ACCORATE, SCRITTE CON PASSIONE CIVILE E RIGORE. NON UN LIBRO, UNA CAUSA - AMA DIRE LA BENEDETTELLI - CHE DEVE ESSERE DI TUTTI E CHE VA OLTRE LE IDEOLOGIE PERCHE' LA VITA E' UN BENE SUPER PARTES, COME LA GIUSTIZIA! DALL'IMPEGNO CIVILE DELLA BENEDETTELLI NASCE UN MOVIMENTO ATTIVO DI PERSONE, COLPITE O MENO DAL REATO CONTRO LA VITA: GIUSTIZIA E DIRITTI PER I CITTADINI COLPITI DAL REATO CONTRO LA VITA


"Nel testo, come nel blog, la parola Vittime, al plurale, indica i congiunti di chi è stato ucciso, mentre al singolare indica la persona uccisa. La “V” maiuscola è invece una scelta che sottolinea il valore “unico” di una condizione immeritata, non voluta, di grande e durevole sofferenza. Dobbiamo a queste persone un rispetto che, ancora oggi, non c'è. Quando vedrò la parola Vittime con la "V" maiuscola in ogni testo, ogni commento, ogni blog, ogni giornale allora potrò dire: "Le nostre parole sono arrivate all'anima del mondo e lo hanno cambiato!"

BB

domenica 15 luglio 2012

PERDERE UN FIGLIO

Lettera di Katia Schiavone, Presidente AGUVS di Fasano e mamma di Flavio, ucciso a 17 anni da chi, non rispettando le regole stradali, ha spezzato una giovane vita e quella dei suoi familiari.


A noi, genitori derubati dei nostri figli....ma anche a voi che non potete capire e non avetecolpa. Noi, non dobbiamo vergognarci di condividere e mettere a nudo il nostro dolore. E’ un modo per arginare quella ferita dolorosa dell'anima che sanguinerà per sempre, ma anche per far capire agli altri, fortunati che hanno il privilegio di vivere una vita normale e non riescono ad apprezzare l’inestimabile tesoro che posseggono.
Non siamo mostri, né pazzi e neppure malvagi! Ma un dolore così grande amplifica le emozioni e i sentimenti. Ogni cosa diventa difficile e faticosa. Vivere, per noi è una gran fatica, per cui lasciamo defluire dalla nostra anima ogni sentimento negativo.
Ci aiuterà ad alleggerirla.

Perdere un figlio è un esperienza terrificante, insopportabile, inaccettabile per chiunque, e quando ti succede, è come se un pezzo ti te venisse strappato a crudo e portato via. Quel figlio desiderato, atteso, fatto venire al mondo e cresciuto, si porta via le tue aspettative, i suoi progetti, la voglia di vivere dei suoi diciassette anni, il suo ed il tuo futuro. E’quello l’inizio della tua fine…
Con lui si spezza la catena dell’immortalità…della continuità delle generazioni. Ti viene tolta la possibilità di prolungare la tua vita attraverso la sua.
Ti cresce dentro un dolore lancinante, mostruoso, impossibile solo da immaginare e meno che mai da sopportare.

Non può essere vero, non può essere mio figlio! Forse sto sognando e improvvisamente mi sveglierò e scoprirò che è stato solo un incubo spaventoso…L’angoscia come acqua torbida t’ invade l’anima e l’affoga. Nella testa pensieri vorticosi. Confusione, incredulità, inconsapevolezza…tuttavia, la realtà si insinua e ti obbliga a fare scelte, prendere decisioni, organizzare.
E resti in piedi…guardi...ascolti…parole e consigli. Parole non richieste che fanno solo male, consigli non voluti e che rifiuti di accettare.
Sai bene che nelle intenzioni c’è il desiderio di offrire aiuto a una famiglia piegata dal dolore, ma è facile sopportare quello degli altri e altrettanto facile è dispensare belle parole e consigli che arrivano a essere crudeli.
Poi, quelle domande: “come va?”, “come stai?”. Domande che prima risultavano necessarie per iniziare un discorso, diventano adesso una coltellata in pieno petto. Impossibile rispondere, impossibile spiegare. Non si può capire se non si è provata la stessa terribile esperienza. Ormai, rispetto agli altri viviamo su pianeti diversi.
Poi…quel percorso lungo, doloroso e in solitudine che ti porta alla ricerca di qualcosa che ti faccia accettare quel dolore disumano.

Non esistono ricette o medicine, e ognuno reagisce come può, vivendolo più o meno intensamente e cercando in se stesso la strada per poter sopravvivere.
Ti accorgi che più passa il tempo, più diventa difficile passare di fronte a un letto vuoto, non sentire più le note di quel basso elettrico, sedere accanto a un posto vuoto a tavola, non sentire più nemmeno urlare o litigare. Il litigare dei figli diventa adesso un piacere che ti manca e che non avrai più.
Non si possono consigliare strade da percorrere e ognuno deve affrontare il problema come ne è capace, come gli consiglia l’istinto di sopravvivenza.
Inizialmente rimuovi completamente l’accaduto, poi, con immenso coraggio lo recuperi dal fondo dell’anima e lo elabori:
- Con il pensiero, il modo più doloroso poiché si innescano i perché, i ma, i se che ti spingono in una spirale soffocante.
- Con il cuore, ma ti accorgi che non ce l’hai più, perché l’hai chiuso nella bara accanto a tuo figlio.
- Con la fede, chiedi alla Madonna di fare da madre a tuo figlio e immaginandolo tra gli angeli in un luogo di pace e serenità, chiedi disperatamente che dia un po’ di pace anche a te.
L’ultima ipotesi è l’unica consolante, ma ti conforta fino a quando la fede non crolla.

Per il famoso “come va?” e “come stai?” è presto detto! Hai qualcosa dentro che ti rode continuamente, un veleno che goccia dopo goccia ti annienta lentamente. La tua mente continua a lavorare incessantemente e gira a ritmi vorticosi instaurando un clima di sfinimento e d’impotenza totale. Lo stomaco si chiude…ma tuttavia sopravvivi, per ricordare tuo figlio…per portare ogni giorno un fiore sulla sua tomba, sopravvivi per te stesso e per chi resta, anche se, forse sbagliando continui a pensare a chi non c’è più e non a chi è rimasto. Ma è un pensiero più forte di te…un ossessione!
Questo è quanto si prova!
Quanto sono graditi in quei momenti, i silenzi delle persone che incontri, gli sguardi semplici e partecipi e non da scrutatori d’anima o peggio, di pena e di compassione.
Quanto è gradito un banale “non ho parole”, una fugace toccata di mano, un abbraccio silenzioso, un semplice “ciao”...

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