Per il Diritto a una giustizia con la G maiuscola!


QUESTO BLOG NASCE DAL LIBRO "VITTIME PER SEMPRE", DI BARBARA BENEDETTELLI, SCRITTRICE E ATTIVISTA DER I DIRITTI DELLE VITTIME. UN TESTO DI DENUNCIA FORTE. PAGINE ACCORATE, SCRITTE CON PASSIONE CIVILE E RIGORE. NON UN LIBRO, UNA CAUSA - AMA DIRE LA BENEDETTELLI - CHE DEVE ESSERE DI TUTTI E CHE VA OLTRE LE IDEOLOGIE PERCHE' LA VITA E' UN BENE SUPER PARTES, COME LA GIUSTIZIA! DALL'IMPEGNO CIVILE DELLA BENEDETTELLI NASCE UN MOVIMENTO ATTIVO DI PERSONE, COLPITE O MENO DAL REATO CONTRO LA VITA: GIUSTIZIA E DIRITTI PER I CITTADINI COLPITI DAL REATO CONTRO LA VITA


"Nel testo, come nel blog, la parola Vittime, al plurale, indica i congiunti di chi è stato ucciso, mentre al singolare indica la persona uccisa. La “V” maiuscola è invece una scelta che sottolinea il valore “unico” di una condizione immeritata, non voluta, di grande e durevole sofferenza. Dobbiamo a queste persone un rispetto che, ancora oggi, non c'è. Quando vedrò la parola Vittime con la "V" maiuscola in ogni testo, ogni commento, ogni blog, ogni giornale allora potrò dire: "Le nostre parole sono arrivate all'anima del mondo e lo hanno cambiato!"

BB

martedì 28 giugno 2011

Il delitto di Milano: quando l'orrore è reale e vicino.


Non c'è limite all'orrore. Il duplice delitto di Milano fa paura. Davvero. Ma non è la trama di un film. E' una realtà sempre più vicina. «Cercavo la complicità del fratello per riconquistare Ilaria» dice l'assassino ai magistrati. 
Motivi sempre più futili. Iniquità. Vuoto. Micidiale egoismo. Non contano i motivi. Conta il risultato. E' questo che dobbiamo giudicare, condannare. 
Non c'è più limite all'orrore. Siamo alla dissoluzione. Dobbiamo fare davvero qualcosa, tutti quanti, per cambiare, per invertire la rotta nonostante la potenza del fiume nel quale ci siamo gettati. La giustizia deve imparare a essere giusta davvero, ma prima ancora che la giustizia debba intervenire per cercare di ristabilire un equilibrio che non sarà mai perfetto, dobbiamo intervenire su una cultura che vede il bello nella superficie. Che si accontenta di un pacchetto vuoto. Che non vede, non sente, e parla senza conoscere il valore delle parole.
Gli amici dell'assassino su FB si spingono oltre«La colpa è solo di Ilaria, quella ragazza ti ha rovinato». Viviamo in una società che tende a spostare la responsabilità personale verso l'esterno. Nel bene e nel male. Niente merito né in un senso né nell'altro.
Vorrei riportare qui alcuni passi del libro:
 “per capire dove si annida quel male che, lasciato solo, uccide. Il criminologo Vittorino Andreoli nel suo testo Voglia di ammazzare, analisi di una pulsione afferma che: se la vita viene svuotata di significato, se la morte non solleva alcuna inquietudine, se la legge non punisce perché corrotta, allora uccidere può diventare una pratica diffusa quanto l'uso dello spazzolino per la prevenzione della carie dentaria. Si svilupperà certamente anche una tecnologia che minimizzerà il rischio di essere disturbati penalmente. Basta che i moventi si amplino fino a poter uccidere per qualunque motivo e già le indagini si complicherebbero a vantaggio del colpevole […]. Il pericolo siamo noi, la voglia di ammazzare è dentro di noi.
Risiede nel cuore dell'uomo, in quell'anima scoperta qualche secolo fa anche nell'assassino. Tutto in lui è umano, anche l'aridità, la ricerca del piacere “a ogni costo”, l'avidità, l'invidia, il sadismo. La voglia di fare male agli altri. Negare questa evidenza non conviene a nessuno, tranne che ai criminali. E questo chi opera per mantenere sicura e giusta la società lo deve sapere. Il male è male, come la pietra è pietra, si può tentare di educare l'uomo che lo lascia libero di agire, si può insegnargli a contenerlo perché per esistere ha bisogno di lui. Intanto però quell'uomo va fermato per tutto il tempo necessario, “nonostante” il diritto a una libertà di cui ha abusato. 
Non possiamo stare a guardare mentre persone incapaci di sentire viva la vita perfino in loro stessi, distruggono tutto ciò che toccano. Considerarli privi di ragione equivale a giustificare, e giustificare significa finire in una zona franca in cui tutto è possibile: anche uccidere. (…) E’ una tempesta quella che induce gli uomini a uccidere per moventi ormai comprensibili solo a loro stessi e a una legge umana incapace di contenere l'orrore al quale dà un nome benevolo e una giustificazione, seppur forzata. 
Come scrive Camus nel libro Contro la pena di morte: l’assassino nella maggior parte dei casi, si sente innocente quando uccide. Ogni criminale assolve se stesso prima della sentenza. Si considera, se non nel suo diritto, almeno giustificato dalle circostanze. Non pensa, né prevede, o, se pensa, è per prevedere che sarà giustificato totalmente o in parte. Come potrebbe temere quello che ritiene totalmente improbabile? […] Bisognerebbe dunque che la legge, per essere intimidatoria, non lasciasse via di scampo all'omicida, che fosse per principio implacabile e che soprattutto, non ammettesse nessuna circostanza attenuante […]
Niente tolleranza. Che la condanna corrisponda a una pena certa, equa fin dove è possibile, capace di dare un valore immenso alla vita umana. Un valore che non riconosciamo più.


Tratto da Vittime per Sempre di Barbara Benedettelli ( Aliberti Editore)Tutti i Diritti riservati 

Nessun commento: