Ne sono
certa, il collegio che ha deciso per questo premio in libertà è
consapevole del rischio ( basta anche una sola possibilità) che si è
assunto. Della responsabilità, almeno, morale.
La
giudice Beatrice Crosti aveva rifiutato questo permesso. Ieri un
altro collegio di quattro persone, magistrati e medici, ha invece
firmato il via libera. Hanno chiesto che Jucker fosse però
accompagnato, nel suo primo "permesso premio", da un
volontario. Una contradizione preoccupante. Perché se c'è la
certezza ogni ragionevole dubbio che non è pericoloso? Quanto forte
deve essere questo volontario per evitare, in caso di crisi del
detenuto, una nuova tragedia?
Davvero
si può dire pagato, dopo nove anni, o undici ( come sarà la pena
reale dopo i vari premi, riti abbreviati ecc.ecc.) il prezzo alla
società, per avere stracciato una vita con la volontà di “fare
qualcosa di più che uccidere?”
Sul
Corriere si
legge: "Non
era in discussione che Jucker, affetto non da schizofrenia ma da
disturbo bipolare dell'umore che può innescare anche un solo
episodio maniacale, in questi anni di carcere sia stato un
detenuto-modello; o che, anche dopo aver smesso di prendere
psicofarmaci, non abbia più avuto ricadute nello scompenso mentale
acuto, di tipo psicotico delirante, esploso nel 2002. Il nodo,
invece, era la prognosi sull'attuale capacità di Jucker, qualora
fosse vittima di un'altra crisi come quella di 9 anni fa, di
accorgersene in tempo e farsi aiutare prima di perdere il contatto
con la realtà. La giudice di prima istanza non si era sentita di
contarci. Invece nella valutazione del collegio che ieri gli ha dato
il primo permesso premio, una sufficiente tranquillità risiede
proprio nella consapevolezza in Jucker, e nei suoi familiari e
psicoterapeuti, della patologia di cui egli soffre e dei
comportamenti che più potrebbero ridestarla, quali l'uso della
marijuana e il poco sonno." Il
grassetto è mio. E a me questa frase fa paura. Perché dimostra come
la libertà di un assassino di circolare, viene messa sopra
la libertà
di vivere.
Le
parole che seguono invece, e che non vanno mai dimenticate, sono del
giornalista e scrittore Antonio
Rossitto.
“La
mattina del giorno in cui truciderà la sua fidanzata facendone a
pezzi il corpo, Ruggero Jucker si sveglia di buon'ora. Cose da
fare, in effetti, ne ha parecchie.
Prima
di tutto va dallo psichiatra con cui la madre gli ha combinato un
altro appuntamento. Il dottor ...è uno di famiglia: lo conosce da
sempre e ha in cura anche suo padre per la depressione.
Alle
8.30 Poppy arriva nello studio del medico, ben vestito e lavato di
fresco. Si mostra disponibile, anche se a Vita dà l'impressione di
voler ricacciarsi al più presto nella sua abitudinarietà: come se
fosse andato a quella visita più per non far dispiacere alla madre
che per convinzione personale.
Si
siede sulla comoda seggiola dello studio e ammette che, sì, quello è
un periodo un po' difficile. Spiega di essere molto stressato, specie
per l'organizzazione dell'evento della .... Niente di grave,
sostiene, ma gli sembra che quei manager vogliano imporre le loro
decisioni.
Al
dottore non sembra certo di avere davanti un caso clinico disperato.
«È solo un piccolo esaurimento» gli dice. «Prendi qualche
calmante e cerca di dormire» Gli prescrive due farmaci [...]. Roba
blanda, visto che nulla fa pensare che Ruggero possa, nel giro
di mezza giornata, trasformarsi in un omicida sadico e spietato.
Ma
forse è solo un attimo. O una finzione.
La
stessa mattina, quando l'imprenditore arriva nella sua zupperia, è
già molto agitato. Va a pranzo in un ristorante di via Eustachi,
nella zona est della città, con un amico. È passata solo qualche
ora dalla visita in cui al medico è parso sereno e rilassato, ma
sembra già un altro. Dice cose senza senso. Divaga.
L'amico
si informa sulle sue condizioni di salute. Lui, concitato, gli
risponde: «Sto meglio! Ho visto arancio, ho capito, sto meglio!».
Che stava a significare adesso il riferimento a quel colore a cui
veniva dato potere salvifico? [...].
Quel
giorno Ruggero lavora fino a tardi, nonostante l'idea non gli piaccia
per niente. Deve tradurre in inglese il progetto per la.... Termina
poco prima delle 8 di sera e manda i fogli via fax. Esce e si dirige
verso un ristorante in via Sottocorno, dove ha appuntamento con il
padre e il fratello [...].
Quando
finiscono di mangiare, i fratelli accompagnano il padre a casa, poi
vanno nell'appartamento di viale ..., dove Dario deve dormire.
Sono
le 22.10: Ruggero chiama al telefono Alenya. Le conferma che, come
concordato, avrebbero passato la notte insieme, in via Corridoni.
«Vengo a prenderti io» le dice prima di riattaccare.
Saluta
il fratello ed esce in strada.
Arriva
sotto il palazzo di Alenya e aspetta che lei scenda. Poi insieme si
incamminano verso via Corridoni, che dista qualche minuto a piedi
[...].
La
coppia entra nell'appartamento al piano rialzato di via Corridoni
intorno alle 22.45 [...]. La follia di Ruggero Jucker comincia
in un imprecisato orario dopo l'una di notte. Racconterà di aver
sentito un forte malessere fisico e psichico. Si alza dal letto,
agitato. Non sta fermo un attimo. Alenya si sveglia e cerca di
rasserenarlo, ma l'uomo non ragiona più. È ingovernabile e comincia
a urlare. Lei capisce che la situazione sta degenerando. Dopo aver
cercato di raggiungere il telefono, si rifugia in bagno.
Lui va
in cucina, a cercare l'arma del delitto.
Vede i
27 coltelli, ognuno al suo posto. Invece apre un cassetto, dove c'è
una scatola di cartone dentro cui è custodito un pezzo speciale: un
coltello da sushi mai usato, che un amico gli ha portato recentemente
da un viaggio in Giappone. Ha il manico istoriato con ideogrammi e
una lama affilatissima lunga una ventina di centimetri.
Ruggero
scarta nervosamente la confezione, impugna l'arma e va verso il
bagno. Alenya tenta di non farlo entrare, ma a lui basta spingere con
forza per varcare la soglia e scagliarsi contro di lei.
La
prima coltellata raggiunge la fidanzata alle spalle. La ragazza
cade. Mentre prova a difendersi, lui continua a massacrarla.
Sugli avambracci e la mano destra di Alenya verranno trovati tagli
che si è procurata cercando di proteggersi. La colpisce al cuore, a
un polmone: lei è a terra, moribonda, il corpo devastato. Non è
ancora morta quando il compagno comincia a dissezionarla. Le taglia
il fegato, il pancreas, l'intestino. Non sono ferite inferte a caso,
ma operazioni precise e macabre. Lui, ammetterà ai pubblici
ministeri durante l'interrogatorio, vuole fare qualcosa di più che
uccidere."
Nessun commento:
Posta un commento