Per il Diritto a una giustizia con la G maiuscola!


QUESTO BLOG NASCE DAL LIBRO "VITTIME PER SEMPRE", DI BARBARA BENEDETTELLI, SCRITTRICE E ATTIVISTA DER I DIRITTI DELLE VITTIME. UN TESTO DI DENUNCIA FORTE. PAGINE ACCORATE, SCRITTE CON PASSIONE CIVILE E RIGORE. NON UN LIBRO, UNA CAUSA - AMA DIRE LA BENEDETTELLI - CHE DEVE ESSERE DI TUTTI E CHE VA OLTRE LE IDEOLOGIE PERCHE' LA VITA E' UN BENE SUPER PARTES, COME LA GIUSTIZIA! DALL'IMPEGNO CIVILE DELLA BENEDETTELLI NASCE UN MOVIMENTO ATTIVO DI PERSONE, COLPITE O MENO DAL REATO CONTRO LA VITA: GIUSTIZIA E DIRITTI PER I CITTADINI COLPITI DAL REATO CONTRO LA VITA


"Nel testo, come nel blog, la parola Vittime, al plurale, indica i congiunti di chi è stato ucciso, mentre al singolare indica la persona uccisa. La “V” maiuscola è invece una scelta che sottolinea il valore “unico” di una condizione immeritata, non voluta, di grande e durevole sofferenza. Dobbiamo a queste persone un rispetto che, ancora oggi, non c'è. Quando vedrò la parola Vittime con la "V" maiuscola in ogni testo, ogni commento, ogni blog, ogni giornale allora potrò dire: "Le nostre parole sono arrivate all'anima del mondo e lo hanno cambiato!"

BB

giovedì 14 luglio 2011

E' bene che Abele parli.



Tutti gli italiani conoscono i nomi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. È giusto che sia così. Ma pochi al di fuori della cerchia dei familiari ricordano i nomi delle migliaia, ripeto migliaia, di uomini e donne comuni che hanno perso la vita perché difendevano i valori della Repubblica, la sicurezza dei cittadini, il primato delle regole. Le donne e gli uomini di serie b, appunto. 


Assistiamo da tempo a interviste giornalistiche, radiofoniche e televisive a pluriomicidi, ex terroristi, mafiosi convertiti, corruttori e corrotti redenti. Caino parla in continuazione. Le vittime invece sono confinate in un recinto di silenzio e di disinteresse, quasi di fastidio. Sono vittime del fascino che il male esercita anche dopo che è stato commesso. Mentre leggevo i racconti pensavo a un paradosso. Se la vedova o l’orfano di una delle persone di cui parlano questi racconti si presentasse nella redazione di un grande giornale o di una trasmissione tv per chiedere di essere intervistata e raccontare la sua storia, di come la sua vita è cambiata dopo l’omicidio, di come bisogna inventarsi un’altra vita, diversa da quella programmata insieme fino al giorno prima della morte, credo che il redattore la ascolterebbe con educazione, direbbe «Terribile, terribile» e concluderebbe dicendo: «Signora (Signore), stia certa (certo) che la richiameremo senz’altro; devo parlarne con il direttore e in questo momento siamo un po’ pressati… ma appena un po’ più liberi la cercheremo senz’altro. Le manderò anzi uno dei nostri migliori giornalisti e facciamo una bella intervista di una pagina intera». Poi, uscito l’interlocutore dalla stanza, penserebbe: poveretta (poveretto), ma queste storie non interessano a nessuno. 


Che cosa accadrebbe invece se alla stessa redazione si presentasse uno degli assassini per raccontare come è andato l’omicidio, come è stato preparato, che tipo di arma è stata usata, che cosa ha provato prima, durante e dopo? Temo che l’intervista sarebbe pubblicata il giorno dopo con titoli di scatola, e richiamo in prima pagina. E forse sarebbe anche ricompensata. È il sistema dell’informazione. Gli assassini sono tutti in serie a. Le vittime sono quasi tutte in serie b. 


Credo che ciascun colpevole, scontata la pena, abbia diritto di tentare di reinserirsi e credo che la società debba cercare di avere un buon cittadino in più e un delinquente in meno. Ma è davvero sorprendente il silenzio che è riservato alle vittime e il palcoscenico di cui godono ex terroristi, persone condannate per omicidio, mafiosi più o meno contriti. Questa inversione di valori è frutto di scelte che si misurano tutte sull’istante, su quello che in quel determinato momento conta, che è importante in quel momento, che attira l’attenzione in quel momento. È l’etica del tempo breve che ispira la maggior parte dei nostri comportamenti. È la dittatura del quotidiano, per la quale la coerenza non è più una virtù. Ciò che vale oggi non vale domani e non valeva ieri. Spariscono le gerarchie dei valori. Sopravviene la società leggera, volatile, spumeggiante che lascia sul fondo il dolore degli umili, che trascura l’esistenza delle vittime, interessata a chi vibra il colpo, perché ha espresso un segno di forza, dimentica di chi il colpo lo subisce perché la sua vicenda è sintomo di una fragilità. 


La società leggera cerca esempi di forza per avere contezza di sé e disdegna i valori duraturi che la porrebbero di fronte alle proprie contraddizioni e alle proprie fragilità. Perciò è bene che Abele parli, dopo le lunghe orazioni di Caino. È bene che Abele parli per farci riacquisire le dimensioni realistiche dell’esistenza. È bene che Abele parli per farci riacquisire il senso vero della dolorosa storia della legalità nella vita della Repubblica. 


È bene che Abele parli perché abbiamo bisogno di riprendere il filo dei valori civili. 
È bene che Abele parli, perché Caino taccia.

Luciano Violante tratto da Bersagli Innocenti


per gentile concessione di Assovittime

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