Per il Diritto a una giustizia con la G maiuscola!


QUESTO BLOG NASCE DAL LIBRO "VITTIME PER SEMPRE", DI BARBARA BENEDETTELLI, SCRITTRICE E ATTIVISTA DER I DIRITTI DELLE VITTIME. UN TESTO DI DENUNCIA FORTE. PAGINE ACCORATE, SCRITTE CON PASSIONE CIVILE E RIGORE. NON UN LIBRO, UNA CAUSA - AMA DIRE LA BENEDETTELLI - CHE DEVE ESSERE DI TUTTI E CHE VA OLTRE LE IDEOLOGIE PERCHE' LA VITA E' UN BENE SUPER PARTES, COME LA GIUSTIZIA! DALL'IMPEGNO CIVILE DELLA BENEDETTELLI NASCE UN MOVIMENTO ATTIVO DI PERSONE, COLPITE O MENO DAL REATO CONTRO LA VITA: GIUSTIZIA E DIRITTI PER I CITTADINI COLPITI DAL REATO CONTRO LA VITA


"Nel testo, come nel blog, la parola Vittime, al plurale, indica i congiunti di chi è stato ucciso, mentre al singolare indica la persona uccisa. La “V” maiuscola è invece una scelta che sottolinea il valore “unico” di una condizione immeritata, non voluta, di grande e durevole sofferenza. Dobbiamo a queste persone un rispetto che, ancora oggi, non c'è. Quando vedrò la parola Vittime con la "V" maiuscola in ogni testo, ogni commento, ogni blog, ogni giornale allora potrò dire: "Le nostre parole sono arrivate all'anima del mondo e lo hanno cambiato!"

BB

giovedì 16 giugno 2011

Dal settimanale Vivessere del 10 giugno 2011

Basta un attimo!
di Barbara Benedettelli


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«Gentile signore... non la conosco personalmente. Conosco perfettamente tutti i suoi dati come da verbale di polizia, ma non l'ho mai vista in faccia, guardata negli occhi e non conosco la sua voce. Quella sera maledetta, quando ormai il mio bambino giaceva esanime travolto dalla sua auto... vedevo in lontananza le sembianze di sua moglie e dei suoi bimbi e non mi sono avvicinata. L'ho fatto apposta, a evitare azioni inconsulte... Vedere il mio Andrea morto, il suo corpo martoriato, la sua testa fracassata, il suo volto bellissimo e così tanto amato, sfregiato, deturpato, i suoi occhi azzurri ormai chiusi per sempre. Quale madre, quale padre, non avrebbe voluto ritorcersi contro di lei? Le augurai con tutto il mio cuore e con tutta la mia voce di provare anche lei lo stesso dolore… Fu la reazione del primo momento. Ora, a distanza di circa 100 giorni... posso dirle con la stessa sincerità con la quale pronunciai quelle parole, che no, questo dolore non lo auguro neppure a colui che ha provocato la morte di mio figlio. Non auguro a nessuno, ma proprio a nessuno di volerlo riabbracciare al punto che per poterlo fare darei la mia vita. Per poterlo salutare e baciare un minuto soltanto. Non auguro a nessuno, ma proprio a nessuno di cercare il suo odore negli armadi, di cercare la sua essenza fra gli abiti sporchi nel bucato ancora da fare, di accarezzarlo idealmente attraverso una fredda fotografia, di sperare di rivederlo in un sogno per qualche minuto... "

Questa è una parte della lettera aperta che Elisabetta De Nando ha scritto a chi ha ucciso suo figlio. Andrea è scomparso il 29 dicembre 2011, a Peschiera Borromeo (Milano), dopo un pomeriggio passato all'oratorio, con il fratello gemello Cristian. Stavano attraversando la strada sulle strisce pedonali, il semaforo verde, quando un auto a velocità sostenuta nonostante i limiti e i divieti, rientrando da un sorpasso azzardato ha rotto quella linea sottile che separa la vita dalla morte. Un attimo che cambia tutto. Per sempre. 
 “Quando Cristian si è accorto di cosa stava accadendo ha istintivamente dato uno spintone a chi aveva vicino. Ha salvato un amico, ma non ha potuto salvare suo fratello. Suo fratello ha dovuto vederlo morire. Gli ha toccato la testa spaccata, ha cercato di impedirgli di soffocare. E' venuto a casa rosso del sangue di Andrea. Sono credente e penso che se il Signore doveva togliermelo sia fatta la sua volontà. Ma lo ha fatto nel modo peggiore. E a Cristian ha buttato addosso tutto il male: l'aver perso un gemello; un assurdo senso di colpa nel non averlo salvato; l'immagine terrificante di quella morte. Cerca di reagire, ma solo lui sa cosa ha dentro. Chiama gli amici e dice: “Venitemi a prendere se no mi ammazzo.” Spero con tutto il cuore che mi è rimasto, che sia recuperabile... Se vai in giro senza casco posso pensare che in un certo senso te la sei cercata, ma così no. C'è da impazzire.” 
Ancora di più quando la legge, poi, permette a chi ha provocato tutto questo di patteggiare una pena che nei fatti si traduce in nulla. E impedisce a voi un ruolo attivo nel dare valore alla vita spezzata di un figlio, e all'esistenza limitata alla quale siete stati costretti. 
“Io Barbara voglio una giusta pena. Perché la vita, come dici tu, non è “niente”. Se non permettiamo a chi uccide di pagare per quello che ha fatto, è lei che svalutiamo. La vita di tutti. E sono convinta che una giusta pena possa aiutare anche il colpevole a uscire da una situazione  che è insostenibile se sei umano: avere ucciso una persona a causa di un'azione che non tiene conto di regole create proprio per evitarlo. Mio figlio è vissuto sedici anni e io devo provare per il resto della mia vita un dolore scarnificante perché una persona ha deciso, per motivi suoi, che quella sera aveva fretta. Se vai come un pazzo e ti schianti contro un albero è una scelta tua. Ma se ci va di mezzo mio figlio, o il figlio di qualcun altro, non è più giusto. La tua azione ha coinvolto persone inconsapevoli e se la legge ti dà la possibilità di sfuggire alla tua responsabilità fa male anche a te. E legittima il non rispetto delle regole che è anche il non rispetto della vita umana. Io vorrei che dove muoiono le persone vengano messi manichini che le rappresentano in cui c'è scritto: “Sono Andrea. Sono una Vittima della strada e del mancato rispetto per le regole.” Scioccante lo so. Ma la gente deve prendere coscienza che una macchina è un'arma." 
In Italia muoiono tredici persone al giorno... 
 “Vittime per sempre loro, come dici tu, e noi. Andrea non può più diventare grande, avere figli, vivere. Noi non possiamo più immaginare il suo futuro come tutti i genitori. Sai quante volte lo penso chiuso nella bara? Adesso lui è in una dimensione dove spero stia bene. Ma noi? Potremmo mai permetterci anche solo la spensieratezza? No! C'è l'inferno. La vita è solo un passaggio temporale nella speranza di poterlo rivedere. Non metto in dubbio che anche chi ha fatto questo soffra, ma se sente su di sé la colpa, allora deve voler pagare. Solo così potrà sentirsi a posto con la coscienza, con noi e con la società. Lo so che quando andrò in tribunale riceverò un altro grande dolore, perché l'udienza durerà pochi minuti; io non potrò dire nulla; la vita di mio figlio sarà valutata meno di niente. Ma non smetterò di combattere per la giusta pena, perché se la giustizia non la otterrà Andrea, farò il possibile perché, grazie a lui, la ottengano gli altri. Solo così posso dare un senso a tutto questo. Spero che chi lo ha ucciso senta la necessità di non patteggiare la pena, o che il giudice rifiuti la richiesta. Una condanna senza pena effettiva lo ucciderebbe la seconda volta.” 
E renderebbe voi anche Vittime sempre. Ogni volta che la giustizia guarda una parte sola di una vicenda che nessuno dovrebbe mai dover vivere. La vita non è una merce in saldo. Ha un valore che supera tutti gli altri. Senza non c'è niente. Non dimentichiamolo mai.

©

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