È delle Vittime che dobbiamo cominciare a parlare. Sono le loro storie da raccontare. L’eroismo di ogni giorno, da quel giorno, per riuscire a non morire di dolore e di una giustizia che, ancora, non sa essere giusta.
Noi stiamo bene, per come si possa stare bene nella nostra condizione, solo quando sappiamo che gli assassini sono in carcere. Quando sappiamo che gli è stata negata quella stessa libertà di esistere che lui ha negato a chi ha ucciso e a noi. Solo così sentiamo che la giustizia è giusta. E’ stato condannato, non lo si dimentichi, a quattro ergastoli per 260 anni complessivi di reclusione. Invece…
Invece il sistema giustizia non li mette nella condizione di fare un percorso anche doloroso dentro le proprie colpe. Di assumersi la propria personale responsabilità.
No. Gli psicologi, gli educatori, dovrebbero ottenere segnali inequivocabili che chi ha ucciso ha capito fino in fondo quanto male ha fatto. Che questo male rimane per sempre perché è il frutto dell’ingiustizia. Quella che nessun essere umano può sopportare. La moglie di Vallanzasca ha avuto il coraggio di dire: “Io non capisco tutto questo odio dei parenti delle Vittime, dopo tanti anni. Lui è quello che ha pagato più di tutti.” No signora, le sue Vittime hanno pagato più di tutti. Se lei si riferisce a chi ha ucciso ed è libero in pochi anni bè, l’anomalia è questa. Non suo marito. Lui si è potuto anche sposare. Mio marito me lo ha ammazzato. Si è anche fatto le vacanze a Ischia, o Capri, io le devo ancora vedere. Poi dico: “Parli per lei. Io non odio nessuno”. Però voglio giustizia. La condanna la deve espiare per intero. Allora se così non è smettiamo di punire i bambini, smettiamo di insegnare le regole,smettiamo di seguirle perché tanto sono come il niente.
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